IL CASO: Tizio ha un ingente patrimonio valutato in circa € 4.000.000. Egli è coniugato con Caia ed ha due figli. Tizio vuole donare alla giovanissima amante Mevia, casalinga, uno dei suoi immobili valutato in circa € 1.300.000 ma, per non insospettire la moglie e per evitare che i familiari dopo la sua morte rivendichino pretese nei confronti di Mevia, decide di fare una finta vendita del bene a quest’ultima anziché un atto di donazione. Si reca quindi dal notaio con Mevia per sottoscrivere l’atto pubblico di vendita. Tizio, poco tempo dopo la vendita muore senza fare testamento e lascia un patrimonio di circa € 2.700.000. La moglie Caia, venuta a conoscenza della relazione extra coniugale del marito con Mevia, si rivolge agguerrita ad un avvocato al fine di sapere se sia possibile impugnare la vendita tra Tizio e Mevia.
SPIEGAZIONE: I discendenti legittimi e naturali (ossia i figli e i nipoti), il coniuge e, qualora manchino i discendenti, anche gli ascendenti (ossia i genitori, i nonni, ecc.) nel momento in cui si apre la successione acquistano diritto ad una quota-parte del patrimonio del defunto, patrimonio che si calcola aggiungendo al relictum, cioè a quanto egli ha lasciato in successione, il donatum, cioè i beni usciti per effetto di donazioni durante la sua vita. I soggetti a cui è riservata una quota-parte di patrimonio si chiamano “legittimari” e la quota loro riservata viene denominata “quota di legittima”. La quota di cui il defunto può invece liberamente disporre viene chiamata “quota disponibile”. La quota di legittima è variabile ed è collegata alla quota disponibile: all’aumentare della quota riservata ai legittimari corrisponde una diminuzione della quota di cui il defunto può liberamente disporre. La quota disponibile non può mai essere inferiore alla piena proprietà di 1/4 del patrimonio del defunto che si calcola, come sopra detto, aggiungendo al relictum il donatum. Nel nostro caso, se si riuscisse a dimostrare che la vendita tra Tizio e Mevia era in realtà una donazione (simulazione), la quota di legittima della moglie Caia, in presenza di più figli, sarebbe pari ad € 1.000.000, ossia 1/4 del patrimonio di Tizio, costituito da € 2.700.000 (relictum) + € 1.300.000 (donatum). Caia ha invece ottenuto, quale erede legittima di Tizio, beni per un valore di € 900.000, ossia 1/3 di € 2.700.000 (relictum). La quota legittima di Caia risulterebbe quindi lesa per € 100.000. Caia potrà convenire in giudizio Mevia per ottenere la reintegrazione della propria quota di legittima, previo accertamento della simulazione della vendita. Caia, agendo come legittimario, ossia come terzo, potrà provare con ogni mezzo che la vendita era in realtà una donazione; nel caso di specie, l’accertamento della simulazione sarà abbastanza agevole perché potrà essere provato che Mevia, essendo una giovane casalinga, non era in grado di pagare l’elevato prezzo della vendita. Ma Caia potrà ottenere un risultato ancor più vantaggioso perché il suo avvocato, nell’esaminare l’atto di vendita, si è accorto che in esso non hanno partecipato i testimoni, avendo le parti rinunciato alla loro presenza, come di regola accade nelle compravendite. Tizio, volendo in realtà donare il bene a Mevia, avrebbe dovuto chiedere al notaio di far partecipare all’atto anche i testimoni perché, nelle donazioni, la loro presenza è richiesta ai fini della validità dell’atto: in assenza dei testimoni l’atto pubblico di donazione è nullo e quindi non produce alcun effetto.
SOLUZIONE: Caia, in qualità di legittimaria, potrà agire in giudizio per ottenere, previo accertamento della simulazione della vendita, la reintegrazione della propria quota di legittima attraverso la riduzione della donazione e potrà altresì avvantaggiarsi, come erede, della riacquisizione al patrimonio ereditario del bene oggetto della donazione nulla per la mancata presenza dei testimoni; l’amante Mevia dovrà restituire l’immobile e non potrà rivendicare alcunché sul patrimonio di Tizio.